Da Tetraktýs, Semestrale di cultura musicale,
Anno III n°4, settembre 1999, Livorno

Scriverò un inno al silenzio.
(A.De Saint-Exupéry)

“Il suono ha bisogno di un corpo?”
Questa domanda, stimolante e provocatoria, ascoltata casualmente mentre assistevo ad una conferenza, mi è risuonata spesso nella mente, facendomi interrogare sui rapporti tra il suono e l’uomo.
Come musicista, come insegnante di una disciplina che lavora profondamente sul corpo e sul sistema nervoso (e non solo), come essere umano avvolto in un mondo di vibrazioni d’ogni genere, vivo quotidianamente questa relazione.
Cos’è un corpo?
Come potrebbe manifestarsi un suono senza partecipare alla vita del suo mezzo di trasmissione?
Come può il corpo essere più ricettivo e permeabile alle vibrazioni sonore, con il loro potenziale terapeutico, riequilibrante e creativo?
Perché il Suono Creatore ha necessità di essere incarnato?
Queste domande hanno la capacità d’indicare alcune direzioni di ricerca, sia sul fenomeno vibratorio, sia sugli strumenti atti a produrlo e a trasmetterlo, e sono inestricabilmente collegate a tematiche filosofiche, cosmologiche, scientifiche e religiose.
Ma, nel presente articolo, pur tenendo vivi tutti questi interrogativi, li lascerò momentaneamente sullo sfondo, come un terreno sul quale la nostra struttura umana si è costruita, vive ed è spinta a comprendere; cercherò, invece, di indirizzare l’attenzione sul modo in cui è possibile approfondire e rendere più sensibile la relazione col corpo quale strumento di produzione e ricezione del suono e della musica.

Il corpo è uno strumento?
Sarebbe materia di un intero volume trattare le corrispondenze tra il corpo umano e gli strumenti musicali, ma può forse bastare un accenno alle forme degli strumenti, a volte simili all’intero corpo (il violoncello), a volte solo a parti di esso (i primi flauti fatti con le tibie e così chiamati, il corno e l’orecchio), alle materie con diversa densità di vibrazioni (membrane, ossa e legni, corde e tendini, polmoni e sacche, pelli, liquidi, fino ai collegamenti nervosi e gli strumenti elettronici, ecc.).
Tutto ciò ci mette nella prospettiva di considerare noi stessi ancora di più come corpi sensibili e risonanti in ogni parte, e gli strumenti musicali quasi come un’emanazione e un ricordo della nostra struttura, animati dalle stesse sonorità che ci costituiscono.
E, come è importante che lo strumento musicale sia costruito con materiali vibranti e risonanti, che sia ben accordato, che le sue proporzioni siano armoniche e funzionali per produrre un suono ricco di qualità e sfumature, allo stesso modo il corpo di chi produce o riceve il suono ha bisogno di essere libero e fluido per essere attraversato dalle vibrazioni musicali e non deve frapporre inutili ostacoli all’emissione ed al passaggio del suono.

Il “silenzio” dell’attività
Per ascoltare è necessario il silenzio.
Ma quale tipo di silenzio è necessario per ascoltare il corpo affinché il corpo stesso diventi capace di ascoltare?
Ricordo che sto parlando di silenzio in termini relativi e che si tratta comunque di due soggetti che non possono esistere separati: infatti, potrebbe esserci il silenzio senza l’ascolto?
In ogni modo per ascoltare il corpo è necessario, innanzi tutto, abbassare il volume della sua attività, e diventare quindi sensibili alle minime sfumature.
Nel metodo Feldenkrais, per rendere il corpo più sensibile in questa direzione, si diminuisce il volume dell’attività muscolare riducendo i movimenti al minimo, talvolta eseguendoli solo nell’immaginazione e percependo l’impulso al movimento senza che questo si manifesti. Lo stesso principio vale anche per la velocità, per cui, soprattutto all’inizio, i movimenti sono eseguiti lentamente, per sentirli in ogni loro fase e per riprodurli anche in modo reversibile, così da assaporarne ogni istante.
Così è possibile diventare più consapevoli del modo in cui ci muoviamo, che ad un’osservazione attenta ed imparziale rappresenta ciò che siamo: in altre parole, secondo Feldenkrais, poiché in ogni azione umana sono presenti pensiero, sentimento, sensazione e movimento, l’ascolto profondo di una di queste componenti (nel nostro caso il movimento) può rappresentare una via d’accesso all’essere intero.
Continuando, invece, a muoverci con la stessa velocità ed intensità, riproduciamo i nostri schemi abituali, che riteniamo, anche questo in modo abitudinario, giusti e naturali; perciò risulta più difficile valutarne la funzionalità e la convenienza, a meno di trovarsi in situazioni che ci costringono a sentirne l’inadeguatezza e ci fanno toccare con mano la necessità di un cambiamento.
Cominciando a studiare il movimento ad un altro ritmo e riducendo lo sforzo, iniziamo ad uscire da un’abitudine che non è solo corporea, ma soprattutto mentale, abitudine che, spesso, ci costringe a fare tutto come veloci macchinette senza consapevolezza.
Abbassando il volume della nostra attività abituale, invece, cerchiamo di aprirci ad un ascolto più ampio e profondo di noi stessi.
Un’altra forma di ricerca di silenzio nel corpo è l’eliminazione delle contrazioni parassite che impediscono il fluire del movimento così come il passaggio delle vibrazioni.
Per contrazioni parassite s’intendono tutte le tensioni muscolari, anche in zone lontane, che non sono funzionali al movimento e che possono ostacolarlo, togliergli energia, diminuirne la velocità o l’efficacia e tutto ciò senza che la persona ne sia consapevole.
Riuscire a rendersi conto di queste inutili contrazioni, che spesso non sono soltanto frutto di abitudini fisiche, ma derivano da una complessa interazione di fattori, è il primo passo per scioglierle e permettere al corpo di ritrovare una libertà ed un’elasticità che influenzano la globalità della persona.
Un corpo elastico vibra diversamente da un corpo rigido; questo è facilmente verificabile esercitando una lieve pressione sul tallone di una persona sdraiata, prima e dopo una lezione d’integrazione funzionale ; ma la differente fluidità dell’onda di movimento che passa nel corpo, che è perfettamente visibile, è solo il riflesso esterno di una situazione che è sperimentata dal soggetto anche internamente a livello psicologico.
Una struttura elastica e fluida è più permeabile alle vibrazioni sonore e la qualità del suono si modifica notevolmente se questo è prodotto a partire da una simile condizione

Consapevolezza e sviluppo
Feldenkrais, provocatoriamente, dice che la consapevolezza non è necessaria alla vita, ma potremmo domandarci: di quale vita stiamo parlando? L’affermazione precedente è sottoscrivibile esaminando l’esistenza degli organismi unicellulari così come quella degli animali più evoluti; anche noi esseri umani, infatti, possiamo passare lunghi periodi della nostra vita in uno stato di quasi totale assenza della parte più consapevole di noi stessi (assenza che è stata definita da diversi ricercatori una specie di sonno ipnotico). Una volta superate le tappe della crescita fisica e di quella che la società richiede a quasi tutte le persone in termini di soddisfazione di alcuni bisogni primari, sia sul piano del sostentamento che della relazione, la nostra crescita, più o meno automatica, può arrestarsi e non essere più stimolata dalle condizioni esterne.
Qui entra in gioco lo sviluppo di una vita più consapevole, e si ripresenta la stessa domanda: che cosa chiamiamo vita?

Verso l’ascolto
Rallentando il movimento, quindi, diminuendo la sua ampiezza e la quantità di sforzo necessaria per produrlo, abbassiamo, in un certo senso, il volume dell’attività corporea e possiamo diventare più sensibili alle minime variazioni che possono verificarsi ed anche agli effetti secondari di queste variazioni.
Si potrebbe obiettare che ad una diminuzione dell’attività fisica sembri corrispondere un aumento corrispondente dell’attività mentale (e quindi un aumento di volume!) che cerca di diventare consapevole del movimento. Ma il problema non è quello di dividere ulteriormente l’essere umano, bensì di integrarlo; in questo senso l’attività mentale in questione non è separata ma strettamente ed organicamente collegata anche nel modo di operare: l’attenzione è calma, flessibile ed aperta e passa alternativamente dal particolare ad una vista d’assieme, osserva, accompagna, produce il movimento e scaturisce da esso, in un dialogo che manifesta la presenza di un livello superiore d’ascolto che ingloba ed integra tutte le parti presenti.
Questo abbassamento del volume dell’attività fisica e mentale permette di aprirsi, all’interno della vita di tutti i giorni, ad un ascolto di una vita più sensibile, che ci collega a parti sconosciute o dimenticate del nostro essere.

Cogliere le differenze
Feldenkrais ricorre alla legge di Fechner-Weber per spiegare il livello-soglia che permette di cogliere differenze significative: la più piccola differenza percepibile nello stimolo è una frazione definita dello stimolo già presente Per esempio, per la sensazione di pressione (come nel sostenere un peso), il valore è 1/40: questo significa che può essere percepito solo un cambiamento di peso superiore a 1/40 del peso sostenuto originariamente.
I parametri relativi alle diverse funzioni dell’organismo sono variabili, ma è facile intuire quanto sia conveniente per l’organismo lavorare in ambiti che non lo impegnino al massimo delle sue possibilità o persino lo danneggino, e che al tempo stesso ne sviluppino la sensibilità mantenendo inalterato il flusso di informazioni.
Diminuire lo sforzo, dunque, permette di cogliere differenze sempre più sottili e questo atteggiamento, sviluppato sul piano del corpo, si può diffondere anche a livello psichico, contribuendo al formarsi di una relazione più intima e diretta con la globalità della vita.

Ascolto senza giudizio.
Lo sviluppo della consapevolezza avviene attraverso un ascolto attento del modo in cui i movimenti sono eseguiti e dello stato interno complessivo da cui sono prodotti; l’effetto che lasciano nell’intero essere della persona è parte integrante del movimento stesso.
La descrizione di questo atteggiamento può essere ingannevole e spostare completamente l’asse di riferimento su un piano puramente mentale dove non esiste più il gusto vivente del processo; in molti casi le parole consapevolezza, attenzione, ascolto, sembrano evocare solo una componente faticosa dove non esiste più la pienezza anche gioiosa della vita. Spesso, anzi, queste parole ci trascinano nella noia e in una dimensione dove l’intuizione e la spontaneità sono assenti.
In realtà, molto frequentemente, l’osservazione di se stessi è accompagnata da una rigidità che sembra bloccare il fluire delle forze in cui siamo avvolti e che attribuisce troppa importanza a noi stessi o come oggetti osservati o come soggetti osservanti; così si verifica una forma di separazione tra osservatore e osservato che tende a fissarsi in un atteggiamento giudicante e distruttivo, e non lascia che le nostre potenzialità si sviluppino e si integrino armoniosamente.
Tutto questo è quanto di più lontano dall’energia che può animare una qualsiasi forma d’arte, sia essa la musica, la pittura, la danza, ecc.
Ma, forse, questa è una fase quasi inevitabile in un processo di avvicinamento a se stessi dove ogni aspetto della vita è possibile e va conosciuto.
L’ascolto e l’osservazione che sono praticate nel metodo Feldenkrais partono da una totale accettazione della situazione presente, da un accoglienza della propria e altrui totalità; la relazione tra osservatore ed osservato va, quindi, nella direzione dell’integrazione e dell’unità.
Questo atteggiamento, dove il giudizio distruttivo non è presente, non ha nulla di accanito od ossessivo: è leggero, giocoso ed intenso, silenzioso e inaspettato, e si avvicina molto all’atteggiamento di esplorazione che tutti abbiamo avuto nella nostra prima infanzia.
Mi sembra molto appropriato, collegandolo a una visione artistica, citare una definizione di R.Alon che parla di “consapevolezza piena di spontaneità”.

Unità
La qualità del movimento testimonia la qualità del sentimento; entrambi (movimento e sentimento) testimoniano l’appartenenza ad un’unità. La qualità di questi due elementi può manifestare un miglior suono e una migliore fluidità del discorso musicale.
Il metodo Feldenkrais lavora sul livello dell’unità, sicché, quando si parla di silenzio del corpo, di ascolto del corpo nell’ambito di questo metodo, in realtà sono coinvolti molti livelli differenti; si tratta, quindi, anche di un’attività mentale direzionata, funzione di un atteggiamento più consapevole e della sua conseguente influenza sulla condizione emotiva: potrei sintetizzare attribuendo a questo stato d’ascolto un grado di coscienza più ampia e profonda di quella abituale, che raccoglie e contiene l’essere intero, unificandolo.

Cambiamento del clima psichico 
L’attenzione e il rispetto per i propri limiti favoriscono un atteggiamento che cambia completamente il sentimento verso se stessi, perché richiede un livello d’accettazione di sé, una mancanza di senso di competizione esteriore, a vantaggio di un accresciuto interesse per il proprio essere, che porta nella direzione di una trasformazione del clima psichico della persona.

Movimento, postura ed emozione
Altro aspetto fondamentale è l’effetto che la postura e la qualità del modo di muoversi hanno sul clima emotivo della persona; questo diventa di enorme importanza per il musicista che vuole essere veicolo disponibile alla manifestazione di contenuti emotivi assai diversi.
Ma perché il clima emotivo si modifica?
La relazione con la postura non è solamente meccanica, nel senso che ad una determinata posizione o ad una sequenza di movimenti corrisponda uno stato psichico definito; questa è una relazione possibile, vera e relativamente oggettiva (si pensi al patrimonio di ricerche in tal senso che si ritrova in tutti i teatri tradizionali, ed anche nel tirocinio di studi che deve compiere un attore contemporaneo), ma deve tener conto, comunque, del punto di partenza della persona e quindi del modo in cui le è possibile prendere quella determinata posizione o fare quei movimenti; in altre parole, se io assumo una posizione o mi muovo in un modo che possa, in linea di massima, suscitare in me e negli altri un’impressione di nobiltà, di calma e regalità, ma lo sforzo fisico (dei muscoli, delle articolazioni e di tutto il mio sistema nervoso) che compio per sostenerli, fa provare, a tutto il mio organismo, un senso di costrizione, d’oppressione e di patimento, l’effetto sul mio clima psichico e l’impressione suscitata non saranno certamente quelli suggeriti dalla postura e dai movimenti suddetti.
Voglio quindi sottolineare l’importanza decisiva del modo in cui vengono assunti i movimenti e le posizioni: la loro presunta oggettività va corroborata da un’altrettanto potente, soggettiva attenzione verso se stessi e verso il come sono sostenuti.

Pienezza
In ultima analisi ciò a cui tende la ricerca attraverso questo metodo è la possibilità di vivere pienamente la propria vita di esseri umani, in tutte le sue dimensioni, qualunque sia il proprio stato. La curiosità, la vicinanza al proprio essere, l’accettazione della propria condizione, il piacere derivante dal movimento, la sensazione di fluidità interiore, l’atteggiamento aperto verso l’apprendere, sono alcune delle componenti che stimolano verso una vita più creativa, basata su un contatto profondo con le nostre qualità individuali. È questo, per Feldenkrais, il criterio di sanità.
Questo, naturalmente, non vuol dire che tutti debbano essere necessariamente artisti (secondo la nozione corrente del termine), ma quanta “arte”, quanta sensibilità, quanto diletto ci possono essere anche in alcune manifestazioni della vita quotidiana se esse corrispondono alla nostra naturale inclinazione e se tutto il nostro essere vi partecipa pienamente?
Risulta, quindi, ancora più evidente quanto questo atteggiamento sia fondamentale per un musicista che cerca di mettere tutte le sue funzioni e le sue qualità al servizio della manifestazione sonora.

La caratteristica del dilettante
sta nel dilettarsi della natura
sempre preliminare della sua comprensione,
che non raggiungerà mai il suo culmine.
(H.Zimmer)

Claudio Gevi

BIBLIOGRAFIA
Testi di MOSHE FELDENKRAIS
– Conoscersi attraverso il movimento, Celuc libri, Milano 1978
– Il caso di Nora, Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma 1996
– Il corpo e il comportamento maturo, Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma 1996
– Il metodo Feldenkrais – Conoscere se stessi attraverso il movimento, Edizioni RED – l’altra medicina studio/30, Como 1991
– Le basi del metodo per la consapevolezza dei processi psicomotori, Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma 1991
Testi sul METODO FELDENKRAIS
– ALON, R., Guida pratica al metodo Feldenkrais, Edizioni RED l’altra medicina/106, Como 1992
– ALON R., Vincere il mal di schiena con il metodo Feldenkrais, Edizioni RED-l’altra medicina/123, Como 1993
– RYWERANT Y., Integrazione Funzionale (teoria e pratica del Metodo Feldenkrais), Ed. Astrolabio, Roma 1993
– SHAFARMAN S., Conoscersi è guarire, Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma 1997
– TRIEBEL-THOME A., Il metodo Feldenkrais, Edizioni RED Corpo/Mente, Como 1993