L’ARTE DI EMOZIONARSI: INTERVISTA A MARA DELLA PERGOLA
di Roberta Maroncelli dal blog Sick Sick del Teatro Franco Parenti
Tutto ha a che vedere con il corpo: dalle farfalle nello stomaco ai rossori improvvisi, dall’andare a teatro al visitare un museo, perché il nostro corpo reagisce costantemente agli stimoli esterni. Ma cosa avviene quando ci troviamo davanti a un’opera d’arte? Nel suo ultimo libro Mara Della Pergola – formatrice presso la scuola IsFel – istituto Feldenkrais e direttrice dell’Istituto Feldenkrais di Milano – esplora le trasformazioni del corpo di fronte a un’emozione, invitando i lettori a un ascolto pratico di se stessi.
In occasione della presentazione del libro Lo sguardo in movimento. Arte, trasformazione e metodo Feldenkrais, avvenuta lunedì 9 aprile in Sala AcomeA, al Teatro Franco Parenti sono stati organizzati dei workshop tematici, insieme all’attrice Sonia Bergamasco, lo storico dell’arte Paolo Bolpagni e la neurologa Francesca Mancini, per creare un’esperienza somatica di approfondimento e conoscenza della propria corporeità, in relazione con gli altri e con lo spazio circostante.
Anche noi di Sik-Sik abbiamo partecipato agli incontri (domenica 15 aprile, si è tenuto l’ultimo, Sentirsi sostenuti), sfidando imbarazzo e scetticismo iniziali, per sederci sul pavimento della Sala Treno Blu e seguire la voce di Mara Della Pergolanegli esercizi di centratura, alla scoperta del nostro corpo e delle nostre emozioni.
Cos’è esattamente il metodo Feldenkrais?
Questo metodo prende il nome dal suo creatore, Moshe Feldenkrais (1904-1984), fisico e ingegnere di origini ucraine, poi trasferitosi in Palestina, che attraverso le sue conoscenze scientifiche, alle arti marziali e allo studio per curarsi una grave lesione al ginocchio, ha sviluppato un metodo pratico di cura. Partendo dal movimento, ha elaborato manipolazioni molto delicate sul corpo, basate sulla consapevolezza della propria corporeità e ha poi costruito lezioni collettive e individuali, per meglio organizzare la globalità della persona. Non si tratta di una terapia, ma di un apprendimento, di un ascolto e di un percorso verso la consapevolezza di sé.
Lei come ha conosciuto questo metodo?
Io frequentavo la scuola di teatro di mimo dell’Arsenale di Jacques Lecoq, con Marina Spreafico e Kuniaki Ida. Non volevo diventare un’attrice, ma è in questo contesto che ho scoperto la corporeità. In quel periodo lavoravo in un consultorio familiare, dove il corpo e tutto l’aspetto collegato alle emozioni era completamente trascurato: il movimento era visto semplicemente come ginnastica o riabilitazione. È in quel momento che mi sono avvicinata al metodo Feldenkrais: sono andata in Israele, l’ho conosciuto personalmente e ho deciso di seguire la formazione, pensando di andare in un’università e di essere con altri italiani. Invece mi sono trovata in una situazione totalmente imprevedibile: eravamo più di duecento persone in una palestra meravigliosa e io ero l’unica italiana.
Perché ha deciso di scrivere Lo sguardo in movimento?
Sentivo l’esigenza di scrivere del mio lavoro e di raccontare delle esperienze somatiche che ci compongono e che noi viviamo dalla nascita, applicando i principi del metodo Feldenkrais alla scrittura. Ma volevo rovesciare il procedimento,partendo dal bello. Quando le persone vengono da noi poi stanno meglio, l’effetto è che si piacciono di più e sono in armonia con se stesse, quindi mi sono detta: “partiamo dalla fine e andiamo a ritroso”; invece di cominciare da quello che non va, iniziamo da quell’attimo in cui avviene un cambiamento di percezione.
E perché parlare di arte?
Premetto di non essere una studiosa d’arte, ma un’appassionata. Ho scelto di partire dall’arte e non dalla musica, per esempio, perché oggi la nostra società è a predominanza visiva. Quello che presento è un modello, e come tale può essere apprezzato o rigettato, ma mi interessa che le persone considerino la loro corporeità in tutto, non solo nell’osservazione dell’opera d’arte ma anche quando, per esempio, ascoltano un politico parlare o leggono un articolo di giornale; apparentemente tutto questo non riguarda il corpo, ma in realtà la corporeità è in sistema con l’intelligenza e la capacità di scegliere. Tutto ha a che vedere con il corpo: quando pensiamo, siamo corpo.
In che senso ci relazioniamo fisicamente alle opere d’arte?
Guardando un’opera d’arte, si può rimanere incantati da un dettaglio o dal colore, cosa che non ha nulla a che vedere con la bravura dell’artista o con il tema, ma con l’introiezione dell’opera dentro di sé. Ogni immagine e ogni parola suscitano in noi una trasformazione e un dialogo con l’altro. Nel libro, considero le opere d’arte come persone, per delineare il modo in cui ci relazioniamo con gli altri; in ogni capitolo descrivo l’opera, propongo un’esperienza senso-motoria, poi invito a guardare nuovamente l’opera: a questo punto dovrebbe essere stato percepito un cambiamento.
Ammetto che prima di venire al suo workshop ero un po’ scettica su questa lettura delle opere d’arte…
Bene, mi fa piacere che me lo dica! Come mai?
L’interpretazione di un’opera d’arte a priori mi sembra al limite tra ciò che è cultura e ciò che invece è interpretazione personale.
Sì ha ragione, ma qui il tema è l’osservazione di se stessi e l’opera d’arte diventa come una persona con cui ci relazioniamo. Nel capitolo Incontrare l’altro ho inserito dei dipinti di Morandi e mi sono chiesta: perché piace tanto? Forse perché nei suoi quadri, le sue bottiglie polverose, che sono sempre le stesse, ma posizionate in modo diverso, danno un senso di consuetudine e sono come vecchie foto di famiglia. Mi piace porre l’attenzione proprio sul come siamo attratti o emozionati da un’opera d’arte, quali cambiamenti questa osservazione produca nel nostro corpo, senza rimanere chiusi in noi stessi. Vorrei accompagnare il lettore nell’esplorazione dell’attimo in cui avviene questa trasformazione, per poi aiutarlo a fare qualcosa di questa esperienza.
Libro di Mara Della Pergola
Lo sguardo in movimento – Arte, trasformazione e metodo Feldenkrais
Hanno partecipato:
Mara Della Pergola, Philippe Daverio, Jean Blanchaert, Sonia Bergamasco, Paolo Bolpagni, Francesca Mancini.